CITTA', PESCATORI, CONTADINI E MERCANTI NEL MEDITERRANEO
DELL'ETA' DELLA PIETRA E DELL'INNALZAMENTO DEI MARI (8000 - 5000 A. C.)
di Ignazio Burgio
Contemporaneamente
al lento scioglimento dei ghiacci alla fine dell'Era Glaciale, in un arco di tempo compreso tra l'8000 ed il 5000 a. C., in un
Mar Mediterraneo che si andava allagando sempre più in seguito all'innalzamento
del livello del mare, sorgono città e società più o meno raffinate e complesse
sia di cacciatori-agricoltori che di agricoltori-pescatori sulle coste
minacciate dalle onde. Tra cittadini sedentari e agricoltori itineranti come i
primi mercanti di sale e ossidiana, quale ruolo ebbero regolari inondazioni ed imprevedibili catastrofi, come l'immane tsunami scatenato
dall'Etna intorno al 6000 a. C., nella migrazione di popoli che diffusero
agricoltura e ceramica non solo in Europa ed in tutto il Mediterraneo, ma
persino in Cina e fra i Boscimani del SudAfrica ?
Uno dei
tanti erronei luoghi comuni derivanti dai superficiali programmi scolastici,
porta a identificare nella mente di molti, l'inizio della “civiltà” con la
scrittura: poichè quest'ultima - più per convenzione
che per conferma archeologica per la verità - si ritiene sia nata intorno al
3600 a. C. nella Mesopotamia Sumerica, si pensa erroneamente che prima di tale
data non esistessero nè
città, nè commerci, nè
culture artistiche, architettoniche e religiose, convinzione ampiamente
smentita già da parecchi decenni dalla stessa archeologia ufficiale. Questa
riconosce già ad alcune comunità sviluppatesi in Medio Oriente nell'VIII millennio a. C. lo status di “città”, o perlomeno di insediamenti urbani complessi.
Intorno al 7800 a. C. ad esempio, la presenza di una sorgente e di un' oasi nell'arida zona del Mar Morto consentì
l'insediamento stabile di un gruppo di cacciatori-agricoltori che costruirono i
primi edifici in pietra e muratura nella zona dove attualmente sorge la moderna
città di Gerico
in Palestina. E' stato calcolato che intorno alla metà dell'VIII
millennio il centro - chiamato Gerico A - cintato da un fossato, un muro e una
torre del diametro di 10 m e alta più di 8, arrivasse
a contenere anche 2000 abitanti, i quali oltre alle proprie abitazioni
circolari, costruirono anche edifici più grandi (forse templi o anche magazzini
per le scorte alimentari) ed anche strutture che sono state interpretate come
cisterne per la raccolta e la distribuzione dell'acqua ai fini
dell'irrigazione. Ma l'insediamento doveva essere attivo anche negli scambi con
altre popolazioni più o meno vicine (e proprio tali
traffici commerciali gli fanno meritare l'attributo di “città”): non solo le
eccedenze cerealicole ma soprattutto altri preziosi prodotti ricavati dal
vicino Mar Morto come il bitume, lo zolfo e soprattutto il sale dovevano essere
scambiati sia con i prodotti della caccia dei vicini gruppi di cacciatori
nomadi, sia con altre preziose merci provenienti da zone più distanti come
l'ocra rossa usata come colorante, le conchiglie marine, le pietre turchesi
provenienti dalla penisola del Sinai e l'ossidiana.
Quest'ultima, in quanto minerale vetroso di origine
vulcanica, era considerata preziosa come materia prima per strumenti da caccia
- come coltelli, punte di freccia o di lancia - e di artigianato (ciondoli,
collane, specchi, ecc.), e sin da tempi molto remoti fu oggetto di scambi anche
su lunga distanza. Le prime zone mediorientali di provenienza furono quelle
Caucasiche (Lago Van) ed il centro dell'Anatolia. In
prossimità di tali centri di produzione o lungo le direttrici principali lungo
cui transitavano quei primi mercanti, che portavano sulle spalle i pezzi di
nera ossidiana e percorrevano faticosamente a piedi, senza alcun ausilio di
bestie da soma, quei pericolosi sentieri, sorsero altri insediamenti a cui sempre l'archeologia ufficiale riconosce lo status di
“città”: Qalat Giarmo
nel Kurdistan, Hacilar
e Katal-Huyuk
nell'Anatolia centrale. Caratteristiche comuni di tali centri mediorientali
furono in primo luogo la diversificazione delle fonti di approvvigionamento
alimentare, mediante lo sfruttamento delle prime rudimentali tecniche di
agricoltura e di allevamento (soprattutto capre), la caccia nei dintorni, ed ovviamente gli scambi. Altri tratti peculiari furono
anche una sofisticata e diversificata architettura,
una sempre più raffinata produzione artigianale (anche di statue e statuette),
e complesse credenze religiose e funebri, con la regolare inumazione dei propri
defunti spesso anche sotto il pavimento delle proprie abitazioni, e talvolta
anche con la scarnificazione del teschio e il suo rimodellamento con creta al
fine di immortalare le sembianze del parente scomparso. Cosa caratteristica, in
questa sorta di maschere funebri al posto degli occhi venivano
applicate delle conchiglie marine così come spesso veniva fatto per le statue
di creta.
La presenza di commerci legati alle conchiglie marine ha portato gli archeologi
nei decenni passati a rivolgere la loro attenzione alle coste mediorientali,
zona di provenienza di tali prodotti. Sin dagli anni 80 del secolo scorso cominciarono ad affiorare dai fondali antistanti la costa
del Monte Carmelo
vicino l'attuale città israeliana di Giaffa, i resti
di antichi insediamenti sommersi risalenti ad un'età compresa tra l' VIII ed il
VI millennio a. C. In quel periodo le coste del
Mediterraneo presentavano una geografia differente da quella attuale, poichè il lento scioglimento di ghiacciai e calotte polari
iniziato intorno al 10.000 a. C. non era ancora giunto a completamento, e
dunque il livello dei mari in tutto il mondo era più basso. Per dare un'idea,
la maggior parte delle isole e isolette dell'Egeo erano unite alla terraferma
ellenica e anatolica, così come allo stesso modo anche l'Africa era più vicina
alla Sicilia, la quale inglobava anche le isole maltesi. Tuttavia essa non era
ancora la più grande isola del Mediterraneo, primato che invece avevano Sardegna e Corsica unite insieme dalle inesistenti
Bocche di Bonifacio. Anche il livello del mare palestinese era dunque più basso
e la costa si inoltrava per qualche chilometro più al
largo rispetto ad oggi. Su quella fascia litoranea oggi sommersa ai piedi del
Monte Carmelo sorgevano diversi centri urbani che gli archeologi subacquei
israeliani coordinati dal Dr. Ehud Galili
hanno riesumato dalle sabbie dei fondali e studiato nei minimi dettagli. Kfar Samir,
Kfar Galim,
Tel Hreiz,
Megadim,
Neve-Yam
ed Atlit-Yam hanno così rivelato la vita
economica, sociale e culturale degli insediamenti mediorientali in un periodo
di continua evoluzione delle tecniche agricole e di allevamento, ed in cui tra
l'altro faceva la sua prima apparizione la ceramica (poco dopo il 6000 a. C).
Fra
tutte quelle cittadine sommerse, in particolare Atlit-Yam
- l'unica priva di resti di ceramica e dunque la più antica - risulta quella meglio conservata e ricca di testimonianze,
come già abbiamo avuto modo di parlare in altri tre precedenti articoli. Le sue
rovine, che giacciono ad una profondità di una decina
di metri e all'incirca a 400 metri dalla linea costiera attuale, coprono
grossomodo una superficie di 4000 mq, e sono state datate al C14 tra il 7411 ed
il 5992 a. C. Dal punto dista architettonico sono costituite
da resti di muri, fondazioni di case, edifici circolari ed aree pavimentate con
pietre. Le strutture più importanti e significative
sono costituite tuttavia da due pozzi per l'acqua trovati pieni di sedimenti e
due aree religiose e cerimoniali costituite da sette megaliti a forma di menhir
(in tutto e per tutto simili ai più famosi menhir europei), da lastre
orizzontali di pietra dotate di incavi (forse una sorta di “altari” con il
posto per le offerte ?) ed altre tre pietre ovali più piccole contenenti
graffiti dalle sembianze vagamente antropomorfe. Gli studiosi israeliani
ritengono che l'invenzione della tecnica dei pozzi (di cui quelli di Atlit-Yam al momento risultano essere
gli esempi più antichi al mondo) abbia consentito agli uomini neolitici
mediorientali di colonizzare anche le regioni più aride e di sfruttarne il
terreno con le prime rudimentali tecniche agricole. Tuttavia anche se gli
abitanti di Atlit-Yam, e probabilmente anche degli
altri cinque insediamenti vicini, coltivavano cereali e legumi sui terreni più
al riparo dai danni della salsedine, la vera risorsa di quelle comunità
costiere era soprattutto la pesca, anche subacquea e di alto mare, come risulta dagli utensili, dai resti ittici rinvenuti, ed anche
dalle patologie auricolari (“esostosi uditive”, causate da ripetute immersioni
nelle acque gelide) ben visibili nei crani appartenenti ad alcuni di quegli
antichi pescatori. Questi, nel corso delle battute di pesca di superficie, si
spingevano anche al largo all'inseguimento dei branchi di squali e di tonni, su
imbarcazioni che ovviamente non sono giunte a noi (a causa dell'alta
deperibilità del legno) ma che nel corso di quei millenni dovettero servire
anche per gli spostamenti via mare, gli scambi ed i
commerci. Fra i resti degli abitanti inumati ad Atlit-Yam sono state rinvenute anche molte asce di
pietra, in numero proporzionalmente maggiore rispetto agli altri siti
archeologici circostanti tanto da suggerire l'ipotesi che oltre ad essere una
fiorente comunità di pescatori, la cittadina sommersa fosse anche sede di
esperti mastri d'ascia, specializzati nella costruzione di imbarcazioni anche
per conto delle altre comunità vicine. Anche se tali “vascelli” forse non erano
più grandi di piroghe, consentirono tuttavia di superare bracci di mare, canali
e stretti in un Mediterraneo meno vasto di quello odierno. Anche grazie a ciò,
a cavallo tra 6000 e 5000 a. C. nuove fonti di produzione di ossidiana si aggiunsero a quelle tradizionali: l'isola greca di Melos,
Pantelleria, Monte Arci in Sardegna, Palmarola
nell'arcipelago delle Pontine, e soprattutto Lipari la cui produzione e
diffusione del prezioso minerale tagliente giunse a coprire non solo l'intera penisola
italiana ma anche la Francia meridionale e le regioni adriatiche.
Ma
proprio quel periodo, tra la fine del VII millennio e l'inizio del VI per il bacino orientale del Mediterraneo costituiscono un periodo di sconvolgimenti ambientali e
quindi anche socio-economici. Le comunità costiere ai piedi del Monte Carmelo
cessano di colpo la loro esistenza ed appaiono
abbandonate. I ricercatori dell'Ingv di Pisa ne hanno
attribuito la responsabilità a un devastante tsunami scatenato dal crollo
nel Mar Jonio della parete orientale dell'Etna, che avrebbe travolto
di sorpresa quegli insediamenti e convinto i terrorizzati superstiti a
rifugiarsi nell'interno abbandonando ogni cosa. Gli archeologi israeliani
tuttavia non sono d'accordo e affermano che Atlit-Yam
e le altre comunità vennero abbandonate poco prima -
in termini di qualche secolo - del sopraggiungere delle onde giganti, quando le
rovine erano già state ricoperte dalla sabbia. Secondo Ehud Galili
e gli altri suoi colleghi infatti, nelle ultime fasi
di esistenza della principale cittadina sommersa i suoi abitanti avrebbero
cominciato ad avere problemi con l'acqua dei pozzi diventata salmastra a causa
delle infiltrazioni di acqua marina. Il livello del mare stava infatti salendo ed a poco a poco divorava la linea
costiera. I pozzi inservibili divennero così delle discariche, e la gente
utilizzò sempre più l'acqua di un ruscello interno all'abitato, che per la sua
vitale importanza venne fatto oggetto di culto e
protetto simbolicamente dai menhir. Evidentemente nemmeno il ruscello bastò e
gli abitanti avrebbero dunque deciso di spostarsi tranquillamente e
ordinatamente verso altre regioni, anche se secondo questa ricostruzione non è
chiaro il motivo per cui avrebbero lasciato anche una grande quantità di cibo,
cereali e soprattutto pesce, ordinatamente immagazzinato.
Tsunami o
semplice innalzamento del mare,
la questione è ancora aperta. Una cosa comunque è certa: il mare doveva in quel
periodo porre grossi problemi alle popolazioni esistenti che furono costrette a
spostarsi verso l'interno o ad adattarsi a trovare soluzioni “elastiche”.
Insediamenti già esistenti come Gerico o Katal-Huyuk
nell'interno dell'odierna Turchia ricevettero proprio in tale periodo nuovo
impulso a svilupparsi ed espandersi come in seguito all'arrivo di nuovi
immigrati probabilmente dalle zone costiere inondate. Altre
popolazioni ad esempio nell'isola di Cipro, sulla costa Anatolica o nelle isole
greche costruirono i propri insediamenti situati a distanza di sicurezza
nell'interno e possibilmente in posizione rialzata: i resti del Kastros di Capo Andreas
nell'isola di Cipro si trovano su una collina a 100 m sul livello del mare e a
100 metri di distanza dall'attuale linea costiera (che intorno al 5775 a. C. –
secondo il C14 – doveva essere ancora più distante); Cyclope Cave – un insediamento i
cui resti risalenti al 5600 a. C. giacciono nell'isola greca di Youra – si trova invece in posizione rialzata a 150 m.
sull'attuale livello del mare. Ambedue questi insediamenti, al pari di
diversi altri scoperti negli ultimi decenni, contenevano una gran quantità di
rifiuti provenienti da risorse marine: lische di pesce, conchiglie, resti di
molluschi. L'ipotesi è che ognuno di questi siti possedesse un insediamento
“gemello” sul litorale costiero come semplice base per lo sfruttamento delle
risorse marine. Certamente questi “fondachi” dovettero essere sommersi più
volte dall'avanzamento delle acque e più volte ricostruiti in posizione
arretrata, come dimostrato ad esempio dai sondaggi subacquei eseguiti nei
fondali antistanti le rovine di Franchthi Cave (Peloponneso) che
hanno fornito reperti chiaramente appartenenti ad un sito subacqueo ancora da
esplorare.
L'innalzamento
del livello dei mari era tuttavia una conseguenza indiretta di una rivoluzione
climatica che stava avvenendo proprio in quel VI
millennio a. C. Le acque di fiumi, mari ed oceani
erano alimentati dallo scioglimento sensibilmente più rapido dei ghiacci a
causa di un forte aumento della temperatura specie estiva. Tra il 5500 ed il 2800 a. C. - secondo le datazioni al C14 di studiosi
come Godwin - l'oscillazione termica è stato stimata
anche dell'ordine di 2 gradi sopra la media. Per dare un'idea, il temuto
surriscaldamento globale che ai nostri giorni sta facendo liquefare calotte
polari e ghiacciai in tutto il modo (equivalente in intensità a poco più
dell'ultimo rialzo termico avvenuto in età medievale) viene
stimato dai climatologi in appena 1 grado in più sopra la media rispetto al
passato. Il torrido sole di quella fase che dai ricercatori viene
definita come “optimum climatico del neolitico” portò flora temperata - querce,
noccioli, ecc. - anche nelle regioni scandinave, siberiane e nord-canadesi oggi
dominate dalle conifere o dalla tundra, e che certamente favorì ad esempio la
nascita e lo sviluppo della locale civiltà di Hertebolle, nel sud
della Norvegia, i cui pescatori osavano spingersi anche al largo del Mare del
Nord. Ma il forte rialzo termico sicuramente scatenò
anche sconvolgimenti climatici a latitudini più basse. I Monsoni dovevano
presentarsi in maniera più irregolare nel tempo e nella geografia, e tutto le zone mediorientali e nord-africane erano soggette
ad alterne fasi di piogge torrenziali e forte inaridimento. In queste
condizioni ambientali non è escluso che furono proprio le “bollenti” estati a
condurre all'adozione generalizzata della ceramica nella prima metà del VI millennio a. C. come sistema per la conservazione
migliore di cibi e soprattutto bevande. Con il caldo torrido, le dolci spremute
ottenute dagli acini della vite selvatica, dai chicchi di orzo, ed anche il
latte di capre e vacche fermentavano molto più
facilmente e rapidamente nei tradizionali contenitori di zucche o di pelle, e
se ciò portò alla scoperta del vino,
della birra e
del formaggio,
tuttavia rese anche necessario escogitare altri metodi di conservazione per
evitare che questi ghiotti ritrovati alimentari inacidissero oltre misura.
Qualunque pescatore o contadino ancora fino a qualche tempo fa - prima della
diffusione degli odierni contenitori termici - conosceva bene le proprietà di
traspirazione e di refrigerazione delle anfore di
ceramica, studiate e confermate anche a livello fisico. I primi contenitori in
ceramica cotta, dalle forme e dai disegni simili alle zucche o ai canestri di
vimini intrecciati, consentirono dunque non soltanto una più efficace
conservazione di cibi e bevande, ma anche il loro trasporto per finalità
commerciali. Accanto ai tradizionali prodotti non deperibili, come sale,
ossidiana, conchiglie, zolfo, le vie terrestri e marittime del Mediterraneo
sempre più dominato dal mare videro anche transitare vino, birra, latte,
formaggio, ed anche olio di
oliva, che per le sue proprietà sia di conservazione degli
alimenti, come di protezione della pelle dalle scottature, cominciò ad essere prodotto ed usato in diverse parti del
Mediterraneo Orientale proprio in quell'età di “sole torrido”.
Uno dei primi tipi di ceramica, caratterizzata dall'impronta di conchiglie
impresse sui vasi prima della cottura, è stata ritrovata in un'area molto vasta
del Vecchio Continente, non solo nel Mediterraneo, dalla Siria alla Spagna, ma
anche in Sudan, nel Golfo di Guinea, in Sud-Africa e persino in Cina. Chiamata
in Sicilia ceramica di Stentinello - dal nome del villaggio vicino
a Siracusa in cui fu identificata per la prima volta nel 1890 - essa venne diffusa da una popolazione proveniente verosimilmente
dall'Anatolia e sparsasi in breve tempo ad Occidente verso l'Europa portando
con sè anche l'agricoltura, come anche verso est,
finendo per dare il via – attraverso la cittadina di Giarmo
- al primo sfruttamento agricolo dei bassopiani Mesopotamici, con
l'edificazione di quelle città e civiltà poi definite “Sumere”. Non si sa
ancora naturalmente cosa indusse quelle genti alla migrazione soprattutto via
terra, anche se possiamo immaginare che c'entrassero gli sconvolgimenti
climatici e ambientali del bacino mediterraneo. Fu in seguito allo tsunami
scatenato dall'Etna e dagli sconvolgimenti che certamente dovette arrecare in
tutto il Mediterraneo Orientale, che si originò quell'epocale
migrazione ? Ovviamente è molto difficile dirlo anche perchè
non è stato ancora possibile stabilire la data esatta del collasso in mare del
vulcano siciliano. Ad essere obiettivi, l'ipotesi
dell'Etna come “motore propulsore” della storia antica è suggestiva ma
probabilmente indimostrabile.
Tuttavia insieme ai mercanti e alle genti migranti che diffondevano la ceramica
e le nuove tecniche agricole e alimentari, dovevano viaggiare anche modelli
religiosi, astronomici, artistici e architettonici fra loro collegati, come il
culto della Dea Madre, simbolo di fertilità raffigurata nelle caratteristiche
statuette risalenti già al periodo paleolitico e diffuse praticamente
in tutto il Mediterraneo. Altri modelli culturali migranti dovettero
sicuramente consistere in tutto quel complesso di idee
legate ai megaliti, che abbiamo già dimostrato presenti ad Atlit-Yam,
a Nabta Playa
nel sud dell'Egitto, ed ovviamente in tutti i litorali atlantici dell'Europa,
anche se in quest'ultimo caso le “grandi pietre” - come accertato dagli
archeologi - provenivano sicuramente da un'area intorno al Golfo di Biscaglia,
forse da regioni ora sotto le acque dell'oceano.
Moltissimo è tuttavia ancora da chiarire. Le isole maltesi che in quel periodo
venivano sempre più assediate dalle onde e vedevano allontanarsi rapidamente
anno dopo anno la costa meridionale della Sicilia, presentano ancora oggi sui
propri litorali antichissime strade interrotte dal mare, come appartenenti a
popolazioni e civiltà esistenti già prima dell'innalzamento delle acque (anteriormente al 6000 a. C. ?), e quindi probabilmente
anteriori ai costruttori dei templi megalitici più antichi esistenti su quelle
isole. Quali fossero le caratteristiche della loro cultura ed
i loro contatti con le altre civiltà del Mediterraneo naturalmente è ancora
ignoto. Così come ugualmente sono ancora poco chiari gli scambi commerciali,
culturali e tecnici tra le antichissime città palestinesi come ad esempio
Gerico, e le culture predinastiche egizie del Fayyum e di Merimde,
nell'Egitto Settentrionale, dalle caratteristiche abitazioni di fango con un
foro al centro del soffitto per raccogliere l'acqua piovana, resti di un'epoca
in cui le regioni del Nilo e probabilmente tutto il NordAfrica
godevano ancora di una certa regolare piovosità. Anche all'interno di tali
abitazioni sono stati trovati corpi di defunti sepolti sotto il pavimento, ma,
a differenza di Gerico, Katal-Huyuk ed Atlit-Yam, sono esclusivamente
di sesso femminile, caratteristica che ha fatto parlare di matriarcato e
consuetudini matrilineari presso quelle antiche società.
Con una successione ancora poco chiarita dagli scavi archeologici, queste
società sfociarono di lì a poco nelle sofisticate
civiltà urbane di Maadi
e Buto
- sempre nel Nord dell'Egitto - risalenti perlomeno al 4000 a. C., che secondo
scrittori come Michael Baigent, con le loro analogie
architettoniche con Gerico e le altre città Palestinesi potrebbero dare molte
risposte anche ai fini della corretta datazione di alcuni monumenti egizi, come
il famosissimo caso della Sfinge
di Giza, che sotto il punto di vista esclusivamente geologico
sembrano molto più antichi di quanto attestino le fonti scritte (che certamente
sono molto più tarde).
Al di là comunque di quanto vi è ancora da scoprire e da
chiarire - certamente tantissimo - agli occhi degli stessi archeologi
ufficiali, un fatto è certo: considerare nell'opinione comune “la civiltà” come
sorta solo nel 3600 a. C. insieme alla scrittura, sarebbe esattamente come
credere che la letteratura in Europa sia nata solo nel XV secolo insieme alla
stampa: un luogo comune insomma da correggere anche nei sussidiari delle
elementari.
Altri articoli su Atlit-Yam: "L'ira del dio del
mare": lo tsunami provocato dall'Etna 8000 anni fa e la città sommersa di Atlit-Yam.
- "Con gli occhi
rivolti al cielo": la città sommersa di Atlit-Yam,
l'enigma dei megaliti europei e la nascita delle religioni celesti.
- La sorte dell'antica
città sommersa di Atlit-Yam: tsunami scatenato
dall'Etna o semplice innalzamento del mare ?
Bibliografia.
Dan, Cristiano. - Il Mesolitico: una rivoluzione
ecologica - in: “L'uomo e il tempo”, Mondadori, 1974, Vol. I.
Dan Cristiano. - Il Neolitico: dall'agricoltura alle
città - in: “L'uomo e il tempo”, Mondadori, Vol. I.
Dan, Cristiano. - La diffusione del neolitico nell'Europa - in: “L'uomo e il
tempo”, Mondadori, Vol. I.
Dan, Cristiano. - La nascita della città. Un esempio significativo:
Gerico - in: “L'uomo e il tempo”, Mondadori, Vol. I.
Galili Ehud., Rosen Baruch., Gopher Avi,
Kolska-Horwitz Liora - The
emergence and dispersion of the eastern mediterranean
fishing village: evidence from submerged neolithic
settlements off the Carmel Coast, Israel - in: Journal of Mediterranean
Archaeology, 15.2 (2002), pp. 167-198, © The Continuuum
Publishing Group Ltd 2003.
Galili, E., L. K. Horwitz,
I. Hershkovitz, V. Eshed,
A. Salamon, D. Zviely, M.
Weinstein-Evron, and H. Greenfield (2008), Comment on ‘‘Holocene tsunamis from
Mount Etna and the fate of Israeli Neolithic communities’’ by Maria Teresa Pareschi, Enzo Boschi, and Massimiliano Favalli, Geophys.
Res. Lett.,
35, L08311, doi:10.1029/2008GL033445. (Nota. Copia di
questo, e del precedente articolo, ci sono stati
gentilmente spediti dal Direttore della Sovrintendenza per le Antichità
Israeliane (IAA), Dr. Ehud Galili. Pubblicato
il 26 aprile 2008 sul Geophisical Research
Letters, lo stesso Galili e
gli altri suoi colleghi criticano le conclusioni raggiunte dai ricercatori
dell'INGV di Pisa (Pareschi, Boschi, Favalli) circa le responsabilità dello tsunami dell'Etna
come causa dell'abbandono dell'insediamento neolitico pre-ceramico
di Atlit-Yam. Basandosi sui
resti dei pozzi in pietra e sul loro contenuto, così come sull'analisi
patologica degli scheletri rinvenuti nelle sepolture, escludono che vi siano
segni del passaggio di un catastrofico tsunami, il quale probabilmente avvenne
dopo che la cittadina fu sommersa dal mare: “...Instead, the data indicate that
the village was abandoned ca. 8000 years B.P. due
to the gradual post-glacial rise in sea level rise, similar to coastal Neolithic
villages all over the world. The site
was first covered by coastal sand dunes that protected it from abrasion by
marine agents and then submerged by the rising sea. Due to the sea level rise,
the subsequent PN villages in the region were built farther to the East [Galili et al., 1993].” . (...Al
contrario i dati indicano che l'insediamento fu abbandonato all'incirca 8000
anni fa (6000 a. C.) a causa del graduale innalzamento post-glaciale del
livello del mare, allo stesso modo degli insediamenti neolitici costieri in
tutto il mondo. Il sito fu prima coperto dalle dune di sabbia costiera che lo
protessero dall'erosione degli agenti marini e dopo fu sommerso
dall'innalzamento del mare. A causa dell'innalzamento del livello del mare, i
successivi insediamenti preneolitici della regione vennero costruiti più lontano verso Est – (cfr. Galili ed altri, 1993).
AA. VV. - Il Vicino Oriente antico - in: La Storia, De Agostini, Utet, 2004
Novara, vol. I.
Bernabò Brea, Luigi - La Sicilia prima dei Greci - Il Saggiatore.
Le Roy Ladurie, Emmanuel - Tempo di festa, tempo di carestia - Einaudi (pp.
130 - 133, sull'optimum climatico del neolitico).
Baigent
Michael - Misteri antichi - Marco Tropea Editore (pp. 217 - 227, “l'età della
Sfinge”).