Grigioni (Graubunden),
terra di frontiera
Il Canton Grigioni
(Graubunden in tedesco) è una tipica terra di confine (militarmente e
storicamente parlando la si definirebbe di frontiera),
un passaggio obbligatorio per raggiungere, provenendo dall’Italia, la valle del
Reno ed aprirsi dunque anche alle pianure centro-orientali dell’Europa
danubiana.
E’ un’antico territorio già sotto dominio romano che faceva
parte della Rezia, punto strategico per la difesa dell’Impero e quindi densa di
ritrovamenti archeologici che ne testimoniano l’importanza fin dai tempi di
Claudio contro le incursioni dei barbari nord-orientali.
Dal punto di vista
militare, nei Grigioni, non vi erano stanziate ovviamente delle legioni ma parliamo d’insediamenti di limitanei, uomini
esperti e ridotti nel numero, pronti ad intervenire in attesa di rinforzi.
Sicuramente uno dei
luoghi ove essi erano dislocati era certamente l’attuale capitale dei Grigioni,
Coira (Curia) che nella sua conformazione urbanistica rispecchia
pienamente quella di una qualsiasi altra città romana del tempo.
L’importanza di
Coira è data dall’essere posta al centro di vie di
comunicazione che portano alle regioni renane o a quelle danubiane oltre a
quelle della penisola italica ovviamente, quindi essa era un crocevia
necessario da controllare specialmente se si dovevano muovere degli
eserciti.
Si diceva dei
Grigioni come terra di frontiera e così inevitabilmente essa è anche multi-lingue:
infatti per lo stato grigionese, italiano,
reto-romancio e tedesco sono lingue ufficiali a tutti gli effetti.
Dal punto di vista
sociale i borghi e le città dei Grigioni risentono della loro posizione
territoriale che oggi è certamente invidiabile, turisticamente parlando, ma che
storicamente creava tanti problemi per le comunicazioni sommarie e la mancanza
di ponti adeguati, a fini commercial o militari, per
attraversare corsi d’acqua e laghi molto diffusi oltre ovviamente alle impervie
e maestose zone montuose.
Così lo sviluppo
nei tempi antichi è stato essenzialmente costruito sulle perigliose stradine o
meglio sui sentieri che attraversavano le tante montagne che in qualche modo
difendevano il territorio naturalmente: l’importanza dei passi alpini era
dunque molto sentita dalla gente.
Così, nell’alto
medioevo la popolazione del luogo s’era di fatto
abituata a poter contare solamente sulle proprie forze una volta che l’esercito
romano iniziò il ritiro pressato da nuove e più distruttive forze barbariche
provenienti dall’est europeo.
La diocesi di Coira
fu a quell’epoca un baluardo contro le invasioni dei barbari meno progrediti,
fu dotata da Teodorico, quindi si può supporre anche
con l’assenso di Bisanzio, di un Dux che conducesse le forze militari della
zona, ma certamente ciò non fermò minimamente gli invasori che peraltro, una
volta conquistato il territorio, mantennero in vita le istituzioni e le leggi
romane pur adeguandole alle loro (la Lex Romana Wisigotharum fu disegnata per
le popolazioni che vivevano per l’appunto nella Rezia conquistata).
Fino alla
conquista franca, la diocesi di Coira dipendeva dall’arcivescovo di Milano, ma
poi si rese indipendente da quest'ultimo traendo profitto dell'avvento dei
nuovi dominatori nell'Impero chiudendo così un'epoca oramai passata e finendo
sotto l'arcivescovo di Magonza più in linea con il nuovo centro di potere.
Terra di
frontiera si diceva più volte in precedenza e così durante tutto il medioevo, i
Grigioni passarono sotto il dominio di innumerevoli grandi signori (sia laici
che ecclesiastici) a seconda della posizione e la regione non appariva dal
punto di vista etnico omogenea.
A nord e ad est
la cultura tedesca aveva il sopravvento soprattutto perché legata alle vicende
imperiali mentre nei territori meridionali la convivenza con l'etnia lombarda
portava ad una cultura più tipicamente latina.
La storia dei
Grigioni medievali meridionali, non contigui ma separati da gruppi montuosi
imponenti, è senz'altro legata a quella del ducato di
Milano ed ai suoi confini settentrionali ed a quelli occidentali, tutti sotto i
Visconti milanesi che arrivavano nel dominio a comprendere anche il territorio
della Val Mesoncina oltre al Canton Ticino e la Valtellina.
Possiamo anche
affermare che mentre a nord e ad est le comunità grigionesi concentravano i
loro sforzi per resistere al più possente nemico imperiale che non perdeva
occasione per cercare conquiste in questi territori, a sud le comunità
grigionesi spingevano per impossessarsi della ricca e fiorente Valtellina e da
questo punto di vista s’aspettava solamente un momento di difficoltà di Milano
per invaderla e conquistarla.
Il Canton
Grigioni conobbe l’entrata in Confederazione solamente in tempo napoleonico, in
precedenza l’unione delle Tre Leghe politico-militari formatasi
(sostanzialmente suddivise in tre grandi aree territoriali abbastanza omogenee)
pur riconosciuta dalla Confederazione dei cantoni svizzeri era considerata una
sorta di entità solamente federata ad essa e libera quindi
nelle scelte della propria politica “estera”.
Le Tre Leghe
fondatrici erano la Lega Grigia che copriva la parte occidentale dell’attuale
cantone e successivamente anche quella della Val
Mesoncina, la Lega Caddea o Ca’ di Dio che copriva tutta la parte meridionale (rivolta
così verso la Valtellina) confinante con il ducato di Milano
(visconteo-sforzesco, poi francese e successivamente spagnolo) e la Lega delle
Dieci Giurisdizioni comprendente i territori settentrionali e orientali.
L’unione formale
si compì tra la seconda metà del quattordicesimo secolo e la fine del
quindicesimo con l’ultima entrata della Val Mesoncina nella Lega Grigia.
Le Tre Leghe
fondamentalmente rappresentavano le proprie comunità e quindi gli interessi
locali ma in chiave unitaria, in altre parole la base per la perfetta riuscita
dell’istituzione comune era la comprensione dei problemi generali che attanagliavano il loro territorio e la relativa risoluzione.
Nel caso vi fosse stato da combattere contro gli eserciti
mandati dai grandi signori che rappresentavano l’Impero le Tre Leghe si
sarebbero unite senza discussione e questa divenne la loro forza, ovviamente
anche quando si trattava di azioni in chiave offensiva
valeva lo stesso discorso.
Da buoni elvetici le popolazioni delll’unione delle Tre Leghe
cercarono di mantenere sempre rapporti di buon vicinato tanto con l’Impero
quanto con i francesi e furono firmati numerosi trattati di garanzia che
riconoscevano sgravi finanziari per il passaggio degli eserciti nelle loro
terre e forme di compenso per i mercanti che vendevano nelle fiere delle
principali città.
Così, se a nord ed a est i problemi
non risolti parevano almeno dimenticati per il momento, la volontà di
sottomettere la Valtellina rimaneva sempre un punto fermo della politica
“estera” ma per riuscirci i rappresentanti delle Tre Leghe dovettero denunciare
i trattati di garanzia con la Francia e schierarsi apertamente con le altre
truppe inviate dalla Confederazione Elvetica (di tipo mercenario) a fianco delle
truppe papaline e imperiali riuscendo così a battere a Pavia nel 1512 i
francesi e quindi gli alleati milanesi (sottomessi) che dovettero cedere il
Ticino alla Confederazione e la Valtellina con la Val Chiavenna e la Val
Poschiavo alle truppe grigionesi delle Tre Leghe.
Una volta conquistati i tanto sospirati territori i nuovi
“padroni” si comportarono piuttosto bene riprendendo tutte le leggi già
esistenti del ducato di Milano ed integrandolo con le loro leggi ma mai
cercarono di prevaricare la popolazione valtellinese, il governatore inviato
dai Grigioni aveva ordini ben precisi di mantenere un atteggiamento d’apertura
e di consolidare se possibile una concordia durevole.
La paura del ritorno francese (e quindi milanese) era grande,
ma una volta sconfitto Francesco I in maniera definitiva a Pavia nel 1525 con
il conseguente passaggio nel 1535 dei territori milanesi agli Absburgo essa si
risolse e quindi si poterono amministrare i territori valtellinesi con maggior
acume considerando anche le nuove realtà religiose.
La maggioranza delle comunità delle Tre Leghe si risolse a
seguire la Fede Riformata , lasciando ai territori della Val Mesoncina, della
Val Poschiavo, della Val Bregaglia ed altre minori entità quella cattolica
anche se rimase sempre la libertà confessionale proclamata nel 1526 dalle
autorità della Dieta delle Tre Leghe.
Non dobbiamo mai dimenticarci che in un panorama dominato da
Impero e Francia, da grandi monarchie e da potenti feudatari, la Repubblica
delle Tre Leghe (perché tale la si deve considerare) doveva
apparire certamente innovativa dal punto di vista istituzionale perché
costruita su fondamenti di diritto di piena democrazia, cosa del tutto inusuale
al tempo, le città su cui gravitavano i poteri istituzionali della regione
erano sicuramente Coira/Chur (Lega Caddea), Davos (Lega delle Dieci
Giurisdizioni) e Disentis (Lega Grigia).
Questo se vogliamo fu anche un punto negativo per la politica
delle Tre Leghe perché certamente la dispersione territoriale era evidente e le
vie d’accesso tra le valli se da un lato davano una certa sicurezza dall’altra
rendevano più difficili i rapporti istituzionali comuni continui, ma anche
perché la democrazia su cui si basava la repubblica rendeva ancor più
problematica la riscossione dei tributi generali senza alimentare malcontento e
reazioni a livello locale: le maggiori problematiche politiche e sociali
successive si svilupparono proprio da questi temi.
Il grande vantaggio per le Tre Leghe rimaneva comunque il
diritto di esigere il pagamento per il transito degli eserciti sul suo
territorio, era economicamente fondamentale per la sopravvivenza della
repubblica e su questo “vantaggio” si concentrarono tutti gli sforzi delle
autorità cercando sempre accordi intelligenti che potessero evitare seri
contrasti specialmente con le truppe imperiali che dal 1535 che provenivano dai
domini orientali ed andavano nei loro possedimenti milanesi e viceversa.
Le tre Leghe raggiunsero però anche importanti accordi economici
e alleanze con la Francia (1602) e con la Repubblica di Venezia (1603) da cui
provenivano numerose merci che dovevano essere successivamente smerciate mentre
si continuava a collaborare con le altre regione della confederazione elvetica
in modo costruttivo ma mai in modo definitivo.
Ciò non poteva certo piacere agli spagnoli imperiali che da
sempre brigavano per evitare di pagare il transito costoso nei passi retici
grigionesi e col passare degli anni, facendo leva sulla confessione religiosa
si diedero ad aizzare la popolazione valtellinese nei confronti delle autorità
istituzionali delle Tre Leghe impedendo, di fatto, anche il piccolo traffico
commerciale tra la popolazione di questa valle e le ricche città lombarde con
l’esercito schierato al confine e dislocato in numerose fortezze della zona.
Nello stesso tempo anche tra tutte le popolazioni grigionesi
delle Tre Leghe crebbe un periodo di incomprensioni e
di rivalità economico-politiche e soprattutto di potere, faide interne alle
varie località per privilegi e competenze, ricatti religiosi e schieramenti
idealistici rispetto alle grandi realtà europee che finirono per distruggere il
principio democratico su cui si reggeva l’istituzione regionale indebolendo
decisamente la possibilità di creare una politica “estera” comune.
Così, il governatore della Valtellina non poteva essere in
grado di gestire il problema con la popolazione locale, indubbiamente molto
pesante e che richiedeva tanta pazienza, nel contempo
all’orizzonte si stava profilando la drammatica Guerra dei Trent’Anni che
avrebbe di fatto rotto ogni restante equilibrio.
I Grigioni furono coinvolti in maniera pesante nella guerra
nella sua fase iniziale mentre tutti gli stati della
confederazione elvetica ne rimasero in sostanza indenni, questo determinò una
serie di atti bellici locali con
l’Impero e considerando la mancanza di un esercito comune ciò divenne quasi
letale e solamente grazie all’intervento francese s’evitò l’annientamento
totale pur con la perdita dei territori valtellinesi mentre le truppe imperiali
marciavano vittoriose ovunque.
Proprio nel primo periodo della guerra, si scatenò contro la
popolazione grigionese riformata e le autorità rappresentanti delle Tre leghe
un pogrom da parte dei maggiorenti valtellinesi in nome della confessione, ma
in realtà orchestrata sapientemente da Milano e dal suo governatore spagnolo:
centinaia di gente comune fu uccisa nell’atto passato alla storia come Sacro
Macello, la Valtellina ritornò per breve tempo così ai suoi antichi padroni.
La pace successiva di Westfalia (1648) alla Guerra dei
Trant’Anni ratificò per sempre le caratteristiche geografiche dello stato delle
Tre Leghe restituendo i territori valtellinesi pur con il divieto di residenza
per chi professava la Riforma ad esclusione ovviamente delle autorità.
Così, pur con qualche aggiornamento il territorio è rimasto
sostanzialmente lo stesso sino al giorno d’oggi: con
il nome di Grigioni e con la bandiera formata dagli stendardi delle Tre Leghe,
lo stato entrò in Confederazione in tempo napoleonico nel 1799 perdendo però la
Valtellina in maniera definitiva con la restituzione alla Repubblica Cisalpina
voluta da Napoleone