La Vita Sociale tra Riforma
e Controriforma
Uno degli aspetti
sociali più interessanti degli anni che vanno dalle presentazioni delle tesi di
Lutero (1521) alla Pace d’Augusta (1555) è certamente il fatto che la gente
comune tedesca, di là dai rispettivi drammi collettivi legati a fattori di
fede, ideologici e politici, doveva lottare come sempre per sopravvivere in
speciale modo se abitava fuori dei prosperi centri urbani.
Dobbiamo
immaginarci ora la Germania del tempo, praticamente l’enorme teatro europeo
della contesa, con le sue grandi città ma anche con le sue immense foreste e
aree coltivabili: una diversità dunque non indifferente rispetto al resto
dell’Europa occidentale e meridionale, perché si passava da luoghi densamente
abitati a luoghi desolati e spesso tenebrosi o selvaggi.
Il nostro buon
contadino che abitava magari nel sud della Germania o nella parte orientale
aveva si a disposizione tante risorse per coltivare e produrre beni per sé e da
rivendere nei mercati, ma altresì doveva guardarsi certamente giornalmente dai
pericoli rappresentati da una natura fino a quel momento poco controllabile
dall’uomo.
I suoi campi e i
suoi allevamenti erano ovviamente prediletti da scorribande di animali selvaggi
come lupi e orsi, presenti in grande abbondanza in queste zone sin dalla remota
antichità, ma anche da parassiti e volatili spesso più infidi dei predatori (in
fondo dei solitari che si limitavano a cercare solamente del cibo) che il più
delle volte distruggevano completamente le coltivazioni o portavano malattie
degenerative.
In più ovviamente
il contadino rischiava di suo perché accorrendo per difendere i beni metteva a
repentaglio la sua stessa vita e quella dei famigliari.
I due grandi fiumi
Reno ed Elba quasi periodicamente straripavano rendendo inutile ogni soccorso e
sforzo per arginare la distruttiva forza delle acque rispetto alle coltivazioni:
questo significava spesso perdere tutti i propri averi e dover ricominciare
completamente da capo, del resto, vediamo anche al giorno d’oggi negli stessi
territori come sia difficile controbattere la foga fluviale nonostante le tante
tecnologie, pensiamo quale dramma potesse verificarsi a quel tempo.
Teniamo presente
che una carestia o un’alluvione portava con sé la mancanza d’alimentazione,
pensiamo ai contadini della Germania orientale la cui atavica fame fu superata
solo grazie all’introduzione nella coltivazione della patata dopo la scoperta
dell’America.
Insomma, per un
contadino l’eventuale modifica dell’impostazione di fede cristiana non creava
più di tanti problemi alla vita quotidiana, quelli reali erano legati soprattutto
alla sopravvivenza quotidiana, certamente egli non modificò sostanzialmente il
suo approccio a Dio, non era il modo di comunicare che lo poteva interessare
quanto ciò che Dio poteva fare per rendere la vita meno dura: era un
ragionamento semplice, pragmatico e pieno di buon senso.
In questo modo egli
seguiva il suo signore restando cattolico o diventando riformato, perché così
gli era imposto dalla legge, ma non aveva una posizione precisa, non aveva
nemmeno modo di scambiare pareri oltre i confini delle sue proprietà e dei
piccoli villaggi adiacenti perché il lavoro non glielo permetteva minimamente,
così l’accettazione della fede prestabilita era sic simpliciter senza
condizioni.
Nei centri urbani e
nei territori industriali lo sviluppo economico ebbe un impulso notevole grazie
alla Riforma e chi viveva quotidianamente queste realtà aveva modo di partecipare
attivamente al ciclo che oggi definiremmo capitalistico.
Per l’abitante
delle città o dei grandi centri metallurgici o estrattivi della Germania oltre
al contatto diretto e continuo tra la gente che portava ad uno scambio
d’informazioni utili per tutta la comunità esisteva anche la possibilità di
migliorare sensibilmente la propria posizione nella società, egli doveva
rispetto certamente all’autorità ma era sostanzialmente libero nei suoi
spostamenti e nelle sue riflessioni.
Certamente
rimanevano ancora dei signori detentori del potere anche se passati alla
Riforma, ma essi si dovettero impegnare a rispettare ogni patto concluso con le
comunità urbane ed anzi ne traevano beneficio loro stessi dal punto di vista
economico.
La conseguenza fu
ovviamente un’adesione certamente più entusiastica e massiccia della gente
cittadina alla Riforma perché con essa, i ceti fino allora esclusi dal potere
potevano avere finalmente la possibilità di partecipare attivamente alla
gestione delle istituzioni fossero esse solamente urbane o di territorio: in
buona sostanza il nostro cittadino poteva influire sulla decisione
d’intraprendere o meno una guerra (o di politica “estera”) oppure di spendere
determinate somme per opere pubbliche eleggendo i propri rappresentanti nei
vari consigli.
Questa età tra
Riforma e Controriforma si configurano quasi da subito come una lotta tra
sguardo al futuro per la prima e mantenimento del passato per la seconda
dimenticandosi però del presente: la realtà quotidiana fu che trenta anni di
guerre e di diatribe sulla vera ragione di fede cristiana influirono
pesantemente per rapporto alla gestione del quotidiano socialmente parlando
tanto per l’agricoltore quanto per il cittadino tedesco.
Sicuramente
desiderata da entrambe le fazioni, giunse la tanto sospirata Pace d’Augusta che
fece chiudere entrambi gli occhi sui problemi religiosi e si limitò alla
distribuzione dei rispettivi territori di competenza mantenendo allo stesso
tempo la tolleranza per qualsiasi fede cristiana.
Per la gente che si
dedicava ai commerci o all’attività manufattiera (quasi tutta passata alla
Riforma), nonostante le dispute anche dure in campo militare che normalmente
devastavano il contado, il periodo fu in ogni caso foriero di numerose
iniziative tutte tese a migliorare l’economia generale e di conseguenza quella
del cittadino comune.
Le grandi banche
tedesche erano tutte gestite da riformati e non lesinavano nel concedere
prestiti (oltre che ai re cattolici) a chi aveva buone idee per sviluppare
tecniche agricole o manufattiere, così crebbero di pari passo anche le tecniche
destinate alle coltivazioni con l’uso di nuovi e potenti fertilizzanti per
esempio.
Il contadino doveva
indubbiamente essere alquanto sconcertato, gli si prospettava una rivoluzione
nei suoi consueti sistemi di coltura e soprattutto l’aver a che fare non con il
proprio signore con cui esisteva da secoli un “entent cordiale” ma spesso con
società cittadine che rilevando le attività agricole ne richiedevano lo
sfruttamento intensivo e duraturo anche in tempi di carestia.
Così grazie agli
arrivi dall’America e dall’Asia, numerose nuove coltivazioni presero piede nei
vasti appezzamenti agricoli tedeschi: colture che facevano mantenere la piena
attività anche nei periodi di magra e permettevano una migliore alimentazione
per l’allevamento.
In qualche modo il
nostro contadino si sentiva depauperato delle sue arcaiche conoscenze e
soprattutto sfruttato, il capitalismo riformatore lo rendeva sostanzialmente
più indipendente, più ricco economicamente ma insoddisfatto moralmente.
Un altro fattore
che a prima vista a noi potrebbe sembrare divertente ebbe invece un notevole
impatto sulla quotidianità della gente: la Riforma permetteva di mangiare la
carne il venerdì andando in netta contrapposizione rispetto ai canoni cattolici
che vietavano ciò.
La conseguenza fu
l’aumento dell’utilizzo di carne nel territorio tedesco con la conseguente
necessità di uno sfruttamento massiccio del bestiame andando ad incrementare
sensibilmente quest’industria o meglio creandola ed affidandone la cura a
personale specializzato.
Questo portò anche
ad un cedimento dell’industria ittica ed in speciale modo di quella
dell’aringa, da sempre il pesce utilizzato dalla gente comune in quanto,
pescato e messo sotto sale, poteva essere tenuto per mesi senza l’inconveniente
della rapida putrefazione del prodotto considerando anche i tempi impiegati per
farla giungere dal mare o dai grandi fiumi nei territori interni.
Come detto in
precedenza, le grandi banche tedesche erano tutte in mano a famiglie di fede
riformata e intorno ad esse ruotava l’economia dell’epoca perché sia i grandi
sovrani cattolici di quei tempi, Carlo V e Francesco I, sia le grandi industrie
commerciali (estrattive o marittime) o manifatturiere avevano bisogno di
continui finanziamenti per poter operare nei loro rispettivi campi d’azione (le
guerre per i sovrani, la conquista dei mari e quella del sottosuolo per le
compagnie,ecc.).
Qui entra in gioco
un importante fattore umano legato alla Riforma, infatti, le banche per poter
far fronte alle richieste pesanti di re e industrie dovevano a loro volta
chiedere “in prestito” i soldi ai cittadini comuni o agli agricoltori
benestanti: si trattava quindi per la gente comune di veri e propri buoni
fruttiferi con rendita certa a interesse fissato già in partenza.
Così, nonostante
non fosse ancora una rivoluzione economica, certo le assomigliava molto, l’uomo
di fede riformata era conscio col prestare i soldi ad una banca di far sia il
proprio dovere di cristiano aiutando la comunità, sia guadagnando il giusto
dall’operazione: una bella differenza al sistema in uso fino allora ed ancora
imperante nei paesi cattolici.
Possiamo assicurare
ad onor del vero che i cittadini cattolici dei territori a fede riformata
operavano tranquillamente allo stesso modo e prestavano anch’essi parte dei
loro risparmi alle banche, sottolineando come questa prassi avrebbe aiutato gli
eserciti cattolici francesi e spagnoli impegnati nelle guerre continue.
Presto anche i
territori tedeschi di fede cattolica adottarono le stesse iniziative
finanziarie di quelli di fede riformata, la società di quegli anni non
permetteva perdite di tempo: Carlo V e Francesco I lo dimostrarono ampiamente.
Del resto i
prestiti di denaro da parte delle banche riformate risentivano ampiamente dei
nuovi aspetti religiosi: gli interessi erano calcolati in base alla solvibilità
del contraente, mercanti, sovrani e compagnie che pagavano regolarmente avevano
un tasso d’interesse ridotto anche oltre la metà di ciò che si chiedeva ai
grandi sovrani cattolici (un 5% rispetto ai 15-20%) sempre in ritardo nel fare
il loro dovere.
In pratica, e
questa un’altra gran novità, non era più la proprietà il perno dell’economia,
ma il denaro che circolava in gran quantità, quindi l’accumulo di denaro era
un’esigenza necessaria per la gente dei centri urbani tedeschi di quel tempo:
ciò voleva dire anche lavorare duramente per ottenerlo, in questo è evidente lo
spirito della fede riformata.
Le vecchie botteghe
artigianali si concentravano sempre più in centri specializzati con macchinari
all’avanguardia per l’epoca, le vetuste corporazioni lasciavano il passo a
nuove forme di collaborazione tra l’operaio e chi prestava il capitale per far
affluire ai mercati il maggior numero di derrate possibili perché la richiesta
era sempre pressante e continua.
Il vecchio sistema
basato sulla diarchia signore-corporazioni che continuò ad esistere nei paesi
cattolici per diverso tempo, non era più funzionale: mancava il denaro e il
metodo per investire, così molti operai specializzati lasciavano per esempio i
territori italiani per andare a lavorare in quelli tedeschi e spesso univano i
loro risparmi di una vita a quelli dei colleghi d’oltralpe nella speranza di
farli fruttare in maniera migliore.
Non era quindi un
problema di fede religiosa ma di buon senso e di sano pragmatismo.
La gente comune di
quel tempo in Germania aveva in ogni caso la soddisfazione di vedere che i
costi e le perdite, oltre ovviamente ai guadagni, erano divisi equamente con la
nobiltà che non potendo più fare aggio sulle proprietà terriere come bene
primario si gettò a capofitto nelle imprese commerciali con successo a dire il
vero alterno, ma almeno la protervia atavica era oramai perduta, un signore
senza rendite liquide non contava nulla ne poteva accreditarsi in posizioni
diverse da quelle che le sue finanze permettevano.
Dobbiamo essere
franchi, tutto ciò che abbiamo descritto in precedenza era certamente prassi
comune e permetteva una vita quotidiana migliore rispetto a quella ante-Riforma
ma c’è sempre un rovescio della medaglia che in questo caso era rappresentato
dall’ovvio sfruttamento di chi lavorava.
Le rivolte erano lo
stesso numerose, ora la gente comune iniziava a non lottare più per mangiare ma
per avere condizioni di lavoro e salario migliore, il lavoratore cominciava a
comprendere che partecipando attivamente alla crescita dell’economia aveva il
diritto di esigere la propria parte, eliminata l’aristocrazia fannullona, la
controparte (commercianti, datori di lavoro, istituzioni e signori) ne doveva
prendere atto, ma non sempre ciò era fatto.
Così gli scontri
spesso degeneravano in moti popolari che erano repressi molto duramente, ma la
gente comune pur in difficoltà non avrebbe mai più fatto un passo indietro: la
secolare lotta tra capitalismo e lavoratori ebbe inizio proprio con
l’applicazione della Riforma che sostanzialmente condivise il nuovo assetto
economico e quindi le mutazioni sociali che ad esso facevano riferimento,
l’esatto contrario della Controriforma cattolica che continuava a vedere la
scienza con il fumo negli occhi dando più importanza ad aspetti contemplativi e
mantenendo la rigida struttura secolare della società preservandola da
qualsiasi mutazione